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ARTE del SEPIK


Chi si avvicina a queste opere, anche per la prima volta, non può fare a meno di considerare come l'aggettivo "primitivo", che spesso le accompagna, sia perlomeno inadeguato. Non si può certo definire in questo modo superficiale la produzione artistica di popoli che noi occidentali, soltanto perché non li comprendiamo, semplicisticamente definiamo primitivi, come sinonimo di arretrati o non evoluti. La presenza stessa e l’energia che emanano queste sculture, pur nella loro staticità, sono lì a smentire silenziosamente una simile banale definizione.


Nel valutare una qualsiasi opera d'arte non si può prescindere dal contesto culturale e sociale in cui essa è stata creata. Questo vale per l'arte moderna come per quella del passato, ma a maggior ragione tale criterio va applicato all'arte proveniente da culture diverse dalla nostra. Per meglio comprendere il significato delle sculture del Sepik e le motivazioni che spingono questi lontani artisti a crearle, è dunque necessario avere una visione d'insieme dell'ambiente in cui vengono prodotte.


Le sculture del Sepik provengono dalla regione melanesiana dell'Oceania, e più precisamente dal Nord-Est della sua isola maggiore: la Nuova Guinea, che con una superficie di 785.000 Kmq è vasta due volte e mezza l'Italia, ed è la seconda isola al mondo per grandezza, dopo la Groenlandia. Per la sua collocazione geografica, tra l'Australia a sud e l'Equatore che la tocca a Nord, la Nuova Guinea ha un clima caldo umido tra i più inclementi della Terra. Essa è inoltre attraversata longitudinalmente da una catena montuosa dalle cime innevate che toccano i 5.000 metri di altezza; vulcani e terremoti frequenti ne scuotono il suolo, fiumi impetuosi la attraversano allargandosi a formare enormi paludi popolate da coccodrilli e sanguisughe, ed una unica, impenetrabile foresta equatoriale la copre quasi interamente.


Tutto ciò rende molto difficili gli spostamenti e le comunicazioni tra le varie zone dell'isola, ed è una delle ragioni per cui sono sempre stati respinti i tentativi di colonizzazione e conquista europei, fin da quando il portoghese Jorge de Meneses la scoprì nel 1526: Portoghesi, Olandesi, Inglesi e Tedeschi non ebbero gioco facile. Durante la Seconda Guerra Mondiale la Nuova Guinea fu teatro di importanti battaglie tra Giapponesi da una parte e Americani e Australiani dall'altra, ma sia vinti che vincitori si affrettarono ad abbandonarla, lasciando come segno del loro passaggio quel curioso fenomeno chiamato “cargo cult”.


Questo è sicuramente uno dei luoghi della Terra più ostili all'uomo, ma è anche, un po' ironicamente, la patria degli Uccelli del Paradiso; è uno degli ultimi lembi del pianeta ancora rimasti vergini, dove la Natura, padrona incontrastata, sfoggia tutta la sua potenza e la sua magia. La stessa violenta natura del luogo ha protetto ed al tempo stesso frammentato le genti indigene in un caleidoscopio di culture, razze e lingue diverse. Vi sono tribù che vivono ancora oggi all'età della pietra, l'antropofagia e la caccia alle teste venivano praticate normalmente da alcune popolazioni fino a pochi anni fa, e si dà per certo che all'interno delle vaste aree tuttora inesplorate esistano ancora dei gruppi che non hanno mai avuto contatti con l’uomo bianco.


L'origine stessa di questi popoli è incerta: le discussioni tra studiosi di etnologia e antropologia hanno comunque evidenziato varie sovrapposizioni di razze, avvenute nel corso dei millenni, attraverso successive ondate di migrazioni provenienti da diverse zone dell'Asia. Si possono però distinguere, sia in base a caratteristiche antropologiche che linguistiche, tre gruppi etnico-culturali principali: quello melanesiano, presente soprattutto lungo le coste; quello papua, che risulta di gran lunga il più numeroso ed uniformemente distribuito; ed infine quello dei Pigmei, ridotti a poche tribù che abitano le zone più interne e inaccessibili dell'isola. Attraverso una storia plurimillenaria fatta di invasioni e lotte intertribali, ma anche di scambi commerciali, di contatti sociali e culturali, queste popolazioni si sono variamente mescolate tra loro ed hanno raggiunto una relativa omogeneità culturale, sebbene frazionate in migliaia di minuscole comunità economicamente e socialmente autonome, ognuna con le sue caratteristiche peculiari: in questa enigmatica isola si parlano più di 700 lingue, quasi la metà di quelle conosciute sulla Terra, e circa 2000 dialetti.


Su quasi 3.000.000 di abitanti la stragrande maggioranza segue ancora i ritmi di vita tradizionali ed ha solo parzialmente assorbito l'invasione dei valori e della cultura occidentale. Soltanto nel 1975 la parte orientale dell'isola ha raggiunto la completa indipendenza dall'Australia, che ne amministrava il territorio dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. La parte occidentale della Nuova Guinea fu invece abbandonata dall'Olanda nel 1961, e venne successivamente integrata nell'Indonesia con l'assenso delle Nazioni Unite. Oggi dunque l'isola è artificiosamente divisa in due parti, all'altezza del 141° meridiano Est: ad occidente l'Irian Jaya indonesiano, ad oriente lo stato indipendente Papua New Guinea.


Qui si trova, nella parte settentrionale, il bacino del fiume Sepik e dei suoi affluenti, ovvero l'area più interessante della Nuova Guinea, per quanto riguarda la produzione artistica. Questa regione è nota infatti per la grande ricchezza di espressioni artistiche delle sue genti, che la pongono, secondo alcuni studiosi, come una delle aree del mondo dove l'arte travalica i suoi limiti territoriali, per diventare a pieno titolo patrimonio collettivo dell'Umanità.


Le popolazioni della regione del Sepik appartengono all’etnia Papua e vivono in villaggi che sono economicamente e politicamente indipendenti. L'economia è soprattutto di tipo agricolo; la coltivazione viene fatta con strumenti e tecniche rudimentali: agli uomini spetta il compito del disboscamento delle aree da coltivare, il loro eventuale terrazzamento e dove necessario la costruzione di un sistema di irrigazione per i campi, mentre le donne si occupano della coltivazione vera e propria e dell'allevamento degli animali domestici.


Il territorio agricolo appartiene a tutto il villaggio, ma ogni famiglia possiede gli appezzamenti che coltiva, ricavandone il proprio sostentamento. La base alimentare è data da tuberi come il taro, l'ignami e la patata dolce; la poca carne è di cacciagione, eccetto che nel caso di particolari feste in cui vengono macellati i maiali domestici, che sono un altro elemento fondamentale dell'economia degli indigeni. L'allevamento del maiale, che somiglia molto di più ai cinghiali che ai maiali a noi familiari, è infatti diffuso in tutta l'isola ed è effettuato dalle donne, sebbene la proprietà sia degli uomini. Il possesso di molti di questi animali indica ricchezza e prestigio sociale, infatti i maiali vengono utilizzati anche come moneta di scambio od offerti per particolari banchetti cerimoniali.


È curioso notare come, presso diverse tribù degli altopiani centrali dell'isola, si sia sviluppato a questo proposito un complesso sistema di rapporti sociali basati sul "dare" piuttosto che sull’ "avere". Il prestigio sociale tra queste genti, infatti, non è dato tanto dall'accumulazione della ricchezza, ovvero i maiali in questo caso, ma dalla potenzialità del donare il bene stesso, poiché il dovere sociale è quello di dare agli altri. Perciò chi possiede molto può donare molto, ed ogni dono comporta un'alleanza tra il donatore e il ricevente, il quale a sua volta è tenuto a restituire un giorno il favore ricevuto. Quindi un uomo che ha dato molto ha molti amici cui domandare aiuto quando ne ha bisogno; esso è rispettato da tutti, la sua parola è importante e lo stringere alleanza con lui, cioè fargli dei doni importanti, è considerato un onore.


Coloro i quali desiderano legarsi in rapporti di amicizia con questi cosiddetti "grandi uomini", sovente offrono loro le proprie figlie in moglie. È così che ogni moglie porta con sé, oltre all'alleanza "automatica" dei suoi parenti, anche un accrescimento della ricchezza e del prestigio del marito. Essa contribuisce a ciò sia con la sua dote di terreni od altro, sia con la sua capacità di lavorare e produrre beni, coltivando e allevando altri maiali da offrire a loro volta in dono o da sacrificare nelle cerimonie. In questo modo i "grandi uomini" portano benessere e sicurezza al loro clan ed ai loro alleati, legandosi in relazioni complesse per difendersi dalle tribù antagoniste o per affermare la ricchezza e la potenza del proprio villaggio.


Chi si comportasse secondo il costume occidentale dell'accumulazione della ricchezza sarebbe qui considerato come un disadattato sociale e quindi messo al bando. È proprio questo aspetto che rende interessante questa cultura, così opposto alla nostra scala di valori, dandoci molto bene l'idea della distanza culturale che ci separa da queste popolazioni. Anche nell'area del Sepik è presente questo sistema di relazioni sociali e di acquisizione di prestigio personale, ma è sostituito, dal punto di vista del primato sociale, dall'importanza data agli anziani, i quali coadiuvano il capo del villaggio nell'esercizio della sua funzione.


Solitamente ogni villaggio è abitato dai membri di uno stesso clan, che è l'unità sociale e politica, più le donne sposate provenienti da clan differenti, ovvero da altri villaggi. Tutti gli appartenenti ad un clan si considerano parenti e si identificano con il loro villaggio, che ha come centro unificatore la Casa degli spiriti o casa delle cerimonie, una costruzione su palafitte può essere davvero imponente: presso alcune tribù arriva fino a 25 metri di altezza per 150 metri di lunghezza, anche se solitamente le Case degli Spiriti sono di dimensioni inferiori rispetto a queste. Le travi di sostegno vengono incise e decorate, come pure il frontone dal quale si erge, nel punto più alto, un palo scolpito recante sulla sommità un uccello, simbolo dell'anima. L'interno è completamente decorato con pitture e sculture rappresentanti gli antenati o gli spiriti, maschere per cerimonie e vari oggetti sacri, come flauti, tamburi, teschi e armi.


Nella Casa degli spiriti avvengono tutte le riunioni politiche, i Consigli degli anziani, le cerimonie di iniziazione e quelle propiziatorie. Nel suo interno si svolge l'attività artistica e si conservano gli oggetti sacri, che non devono essere visti dalle donne e dai bambini, per i quali la Casa degli spiriti è Tabù, pena la morte. Presso le tribù degli Iatmul, in particolare, sono stati fatti degli studi antropologici che hanno evidenziato complesse simbologie, concentrate soprattutto sulla Casa degli spiriti e sui rapporti tra i sessi. Queste costruzioni, infatti, nonostante siano vietate alle donne, vengono considerate come "femminili", mentre il caratteristico trave portante, lungo dai 15 ai 18 metri, è invece di genere maschile. All'esterno, sui quattro angoli, vi sono figure maschili e femminili, con un'aquila appollaiata sulla spalla; sui frontoni della Casa è intagliata e dipinta una grande faccia, che personifica la Casa stessa. L'interno della Casa-femmina è dunque una sorta di ventre materno, dove viene celebrata la seconda nascita dei fanciulli, cioè l'iniziazione.


È così che gli uomini usurpano alla donna la sua funzione generatrice, fabbricando loro stessi i simboli femminili e praticando le cerimonie legate alla costruzione della Casa degli spiriti, ed in particolare del suo trave portante. Esso infatti viene eretto in una sola notte dagli uomini, i quali prima si incidono il pene in modo da purificarsi con il sangue da ogni traccia di contatto sessuale. Il trave deve essere trasportato ed eretto sul luogo prescelto prima che faccia giorno, come se fosse comparso da solo e senza che i bambini e le donne vedano questa operazione. Non importa che la storia della sua comparizione magica sia creduta o meno da questi ultimi, poiché tale è la regola tradizionale che dunque va rispettata.


I reali significati di tutte queste cerimonie simboliche si possono forse far risalire ad una leggenda segreta che è diffusa sotto varie forme in tutta la Nuova Guinea, nella Melanesia in generale e perfino tra alcune tribù del Sud America. Per sommi capi la leggenda racconta che in origine erano le donne a conoscere il segreto dei riti e della sapienza, ma che i maschi, tramite un inganno, erano riusciti a venirne in possesso. Essi infatti, dopo aver catturato molti maiali, cucinarono una grande quantità di cibo e fecero una festa in onore delle donne che, dopo aver mangiato fino a rimpinzarsi, si addormentarono con le gambe aperte. Gli uomini, approfittando della situazione, si unirono a loro, penetrando così nel luogo dove erano custoditi i segreti, e da quel giorno furono gli uomini a celebrare i rituali ed a conoscerne i significati. Le donne, dal canto loro, riconobbero la sconfitta e da allora vennero escluse dalla conoscenza e dalla vita religiosa.


Il simbolismo è evidente e costituisce una affermazione di superiorità da parte del maschio nei confronti della femmina, pur riconoscendo la necessità dell'unione del principio maschile con quello femminile. Inoltre è chiaramente definita l'opposizione tra i sessi, tanto che nel contatto sessuale è insita l'idea del pericolo e della violenza. Il pericolo, per quello che riguarda il maschio, è dato dalla evidenza dell'inevitabile indebolimento della sua energia a seguito dell'atto sessuale, cosa questa a cui si rimedia evitando ogni tipo di contatto fisico con la donna quando sia necessario accumulare forza o mantenersi puri in determinate occasioni o cerimonie.


Questa è probabilmente una delle ragioni principali per cui gli uomini vivono la maggior parte del tempo in una casa loro dedicata: la Casa degli uomini, che presso alcune tribù è una costruzione a sé stante, mentre nell'area del Sepik più spesso corrisponde alla Casa degli spiriti. È qui, nel suo interno, che si trova il luogo di incontro tra il mondo dell'Uomo e quello degli Spiriti e degli Antenati, dove le forze soprannaturali si manifestano attraverso le loro immagini simboliche scolpite e dipinte dai maschi iniziati. La vita spirituale è molto intensa, ed è dominata da una concezione di tipo animistico che attribuisce a tutte le cose e a tutti gli esseri una energia psichica intrinseca chiamata "Mana".


Questa energia si manifesta quando gli uomini, che pure la possiedono, vengono a contatto con gli altri esseri e le cose che sono cariche di "Mana", che può essere benigno o maligno a seconda dei casi. Sono le norme tradizionali a stabilire cosa è “Totem" e cosa è "Tabù" e ad indicare agli uomini, tramite i miti e i segreti iniziatici, i comportamenti da seguire sia come individui che come clan, per acquisire "Mana" favorevole o per evitare "Mana" negativo. Quando non esistono regole certe per suggerire il giusto comportamento, vengono interrogati gli spiriti, o più spesso gli antenati, il cui "Mana" è presente nei "Totem" costruiti dagli uomini. Finché le risposte che si otterranno dal "Totem" saranno corrette e veritiere si seguiterà a consultarlo, ma nel momento in cui darà responsi o consigli sbagliati verrà considerato decaduto, divenendo "Tabù", per cui potrà essere accantonato o usato negli scambi commerciali con altre tribù.


Il "Mana" nell'Uomo è localizzato nel cranio, e questo spiega la ragione per cui era diffusa la caccia alle teste: lo scopo era quello di carpire il "Mana" dei nemici per accrescere il proprio o per trasmetterlo ai propri figli. Per la stessa ragione vige tuttora l'usanza della conservazione e decorazione dei crani degli antenati, in modo che l'anima dei defunti, placata dalle attenzioni ricevute, possa tornare a risiedervi. Quest'ultima tradizione è molto diffusa e praticata in tutta la Nuova Guinea e in special modo nell'area del Sepik, dove i crani vengono rimodellati con resine e argille e ornati con conchiglie e fibre vegetali. Le teste vengono infine decorate e dipinte, e alcune volte sono applicate a maschere o a fantocci e fatte oggetto di culto nella Casa degli spiriti.


Agli antenati vanno fatte offerte, invocazioni e sacrifici, affinché siano benevoli verso i loro discendenti, accompagnandoli nella vita quotidiana. A dare invece le risposte più importanti e a spiegare e garantire l'ordine e la stabilità del mondo sono gli Spiriti supremi, espressione delle forze generatrici della Natura. Il loro culto si esprime nelle grandi ricorrenze, come l'iniziazione o le feste annuali del raccolto o quelle dei maiali; tutte comunque connesse con l'idea della fecondità e della riproduzione.


A questo punto possiamo tornare al motivo originale che ci ha spinto ad affrontare questo insolito "tour" culturale, e cioé al tentativo di avvicinarsi alla comprensione di queste opere d'arte, al di là dei loro valori formali, che pure sono notevolissimi. In Nuova Guinea e soprattutto nell'area del Sepik, tutti gli uomini iniziati sono dei potenziali artisti: ognuno di loro scolpisce, intaglia, dipinge o decora, ovviamente con risultati più o meno buoni dal punto di vista formale, ma ugualmente validi nella loro funzione di rappresentazione, e quindi di dimora, degli spiriti o degli antenati.


Per gli indigeni l'arte è strettamente connessa con la religione, ed è da quest'ultima che trae la sua ragione di essere; essi hanno molto rispetto per coloro i quali eccellono in questa attività, e nutrono un grande interesse verso i prodotti artistici in generale. Alcune tribù addirittura non disdegnavano in passato di organizzare spedizioni guerresche allo scopo di razziare principalmente opere d'arte ed ovviamente di appropriarsi del loro "Mana". È così, oltre che con il commercio, che i vari stili si sono mescolati e sovrapposti tra loro, senza essere mai ripetitivi ma rinnovandosi poco a poco, pur mantenendo sempre il contatto con le loro origini.


Gli artisti del Sepik utilizzano strumenti rudimentali, quali asce litiche, ossidiana, schegge di gusci di conchiglie, denti di pesci o di animali per scolpire e intagliare, mentre invece per dipingere vengono usate le dita o bastoncini masticati ad una estremità per essere impiegati come pennelli. I colori sono ovviamente di origine naturale, e la loro importanza è grande perché vengono considerati simbolo, e quindi veicolo, di forze soprannaturali. In alcuni casi, come per le opere provenienti dalla zona dei monti Maprik, la funzione del colore sorpassa addirittura quella dell'aspetto formale dell'opera. Infine le decorazioni vengono fatte utilizzando materiali quali fibre vegetali, piume d'uccello, zanne di cinghiale e molte conchiglie, che vengono usate come merce di scambio fra le tribù costiere e quelle dell'interno.


Le opere finite vengono custodite all'interno della Casa degli spiriti, finché non perdono il loro potere di congiungere il nostro mondo a quello soprannaturale, oppure finché la Casa degli spiriti non divenga inutilizzabile. Infatti a causa del clima e dei frequenti terremoti tutte le costruzioni umane hanno una vita relativamente breve e dunque, secondo la concezione degli indigeni, è inutile contrastare le forze distruttrici della Natura riparando di volta in volta la Casa degli spiriti: quando questa crolla viene semplicemente abbandonata con tutto il suo contenuto e una nuova Casa sarà ricostruita per sostituirla. Questa è una delle ragioni per cui noi possiamo oggi ammirare queste opere, che hanno ormai esaurito la loro funzione magica e sono divenute oggetto di scambio. L'altra ragione è da ricercare nella passione, nella pazienza e nel coraggio di chi è andato fisicamente a scoprire e a recuperare questi tesori in zone spesso inaccessibili e lontanissime dai facili giri turistici.


Per quanto ormai la nostra invadente cultura e i suoi prodotti stiano lentamente penetrando anche in questa regione del mondo, c'è da sperare che questi artisti sappiano mantenersi fedeli alle loro tradizioni, arricchendole con nuove possibilità espressive, come hanno fatto da millenni a questa parte. Non dobbiamo dimenticare, a proposito delle opere che possiamo vedere qui, che in Nuova Guinea non esiste quella che noi definiamo comunemente "Arte antica", poiché le opere umane in tale ambiente non resistono più di qualche decennio. Dunque, dal punto di vista della loro fabbricazione, queste sculture fanno parte dell'arte contemporanea, ma sono al tempo stesso antichissime, rappresentando il frutto ancora vivo di tradizioni ancestrali, che risalgono alle origini della Storia dell'Uomo.


Non possiamo certo avere la presunzione di aver capito appieno i significati segreti delle opere del Sepik, ma è chiaro che queste sono profondamente radicate in una cultura che esprime attraverso di loro la presenza di potenti forze spirituali che nel nostro mondo sono considerate ormai estinte.


Richard Khoury, 1988

 

 

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NOTE

Qui vorrei aggiungere una piccola storia sulla serie di coincidenze che mi hanno portato a fare queste immagini, oltre ad alcune annotazioni riguardanti aspetti di tecnica fotografica...

Richard Khoury 18/02/06

 

 

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