Guido Sgaravatti

 

 

 

 

Disipnosi

 

Hitler non ha mai nascosto i suoi propositi; su "Mein Kampf" scriveva testualmente: " Le grandi masse hanno una capacità di ricezione assai limitata, un’intelligenza modesta, una memoria debole. Perché la propaganda sia efficace deve quindi basarsi su pochissimi punti….così da imprimersi nel profondo della coscienza."

Il concetto così esposto implica la deliberata volontà di promuovere una propaganda capace di suggestionare in maniera acritica, di stabilire un rapporto di tipo ipnotico in grado di generare una stupidità collettiva che vede ad un polo il potere e all’altro la massa dei sudditi.

Questa esperienza storica piuttosto recente dovrebbe farci riflettere sul fatto che la disipnosi delle masse umane è il più grande dei problemi che oggi si pongono, perché solo popoli condizionati possono essere lanciati in conflitti indiscriminati, dissanguati economicamente da oligarchie di ladri, inibiti e coartati sessualmente ed intellettualmente.

Hitler, essendo riuscito ad applicare in pieno la sua formula, si era momentaneamente impadronito del popolo tedesco, con effetti disastrosi; la sua fine fu simile a quella dei batteri, che periscono insieme all’organismo infettato. Aveva puntato sulla stupidità umana (indotta), che è una malattia psichica e una forza di campo da tenere in alta considerazione, per quanto sia solo una delle facce della medaglia, poiché dall’altra c’è anche la sottovalutatissima intelligenza.

La formuletta di Hitler non era molto originale; da sempre i poteri religiosi e politici (ora anche commerciali), per la gestione delle masse non hanno fatto altro che indurre stupidità con i criteri enunciati ed è probabile che i nostri politici non abbiano neppure conoscenza di formule diverse, che implicano concetti di psicologia del profondo generalmente non molto diffusi. I problemi che ora emergono con il progresso tecnologico, rendono evidente che la stupidità collettiva, in questa fase storica, rappresenta addirittura un rischio per la sopravvivenza della specie umana ma la svolta evolutiva per il superamento di tale condizionamento, artificialmente indotto, deve fare i conti anche con una paura inconscia; ogni individuo pensante in maniera autonoma rappresenta un ostacolo all’applicazione del metodo hitleriano ed è stato – da millenni – sistematicamente ignorato, esiliato, carcerato o seppellito; ci si potrebbe stupire che non se ne sia persa la razza. Per comprendere come tale paura sia ben radicata ed abbia ragioni storiche che la giustificano ampiamente, basta tenere presenti i versi (mi pare di Trilussa) a proposito di Giordano Bruno: "fece la fine dell’abbacchio al forno – perché credea nel libero pensiero."

Malgrado tutto e nonostante la paura ancestrale della eliminazione dal branco, non è possibile inibire totalmente l’anelito dell’individuo alla libertà, perché l’evoluzione umana impone al soggetto un’attività di pensiero autonomo (Jung – processo di individuazione) e quindi, malgrado l’incancrenito stato di coazione su un piano più profondo permane un’indistruttibile e salutare tendenza a reagire.

Nell’attuale situazione politica italiana, tale tensione reattiva che attacca per legittima difesa il potere, per quanto in gran parte inconscia nelle sue reali motivazioni, sembra emergere potentemente; ne sono un indice i ribaltoni, la ricerca, da parte dell’elettorato, di un qualcosa di assolutamente nuovo e diverso e l'assenteismo che si manifesta come un senso e delusione quando questo qualcosa non viene individuato.

Ciò responsabilizza noi sudditi, che finora siamo sembrati incapaci di applicare formule diverse da quelle tradizionali e abbiamo limitato allo sterile mugugno la massima parte della nostra energia nei confronti del potere.

A livello di massa abbiamo anche un decadimento dell’abitudine di elaborare bene il pensiero. Per quanto condizionato, anticamente il parere popolare era enunciato meglio, lo si pensava di più e lo si esponeva con più chiarezza; quanto meno un certo potere di dialogo permaneva.

La stupidità non sarebbe la condizione naturale dell’uomo; Dante raccomandava: "Uomini siate e non pecore pazze" e quel riferimento alle pecore appare molto indicativo.

Ora, in Italia, la tensione è tale che si cerca di dare una scossa alla situazione con i referendum. Per una scossetta emotiva i referendum potrebbero anche risultare utili ma su tale metodo nutro seri dubbi, resta ancora superficiale e falsamente democratico perché con esso non viene ancora superata la polarità ipnotica tra potere e masse ed è sempre presente la possibilità della demagogia.

Nel caso del referendum sul divorzio, la percezione diffusa della condanna a vita al matrimonio sbagliato era percepita dalla maggioranza come un intollerabile sopruso e in tal caso il voto ha avuto un senso ed è stato liberatorio ma, se non per alcuni pochi temi che toccano la coscienza popolare, si rischia di votare per pulsioni viscerali, con scarsissima conoscenza tecnica dei problemi. Per esempio, non tutti sanno che il veto referendario all’atomo ha fatto si che in Italia siano conservate centrali atomiche costosissime e non attive sul piano economico; ora ci teniamo non solo il pericolo delle centrali stesse e i costi altissimi di gestione, poiché devono restare non operanti, come motori accesi, funzionanti in folle, ma importiamo energia elettrica dai paesi confinanti con danni evidenti per la nostra economia.

Un pasticcio all’italiana e un assurdo da tutti i punti di vista, causato da un errore politico di metodo inserito in un groviglio di leggi, norme e regolamenti che sembra inestricabile e che impedisce ogni attività anche al più ben intenzionato.

Come diceva Hitler, le masse "hanno una capacità di ricezione assai limitata, un’intelligenza modesta, una memoria debole. Perché la propaganda sia efficace deve quindi basarsi su pochissimi punti" e un problema dai molteplici aspetti come quello dell’energia atomica aveva troppi parametri per essere risolto con intelligenza da un referendum che è, esso pure, ancora uno strumento di gestione di masse e non può penetrare le difficoltà di una questione articolata e complessa. Si tratta di cambiare radicalmente metodo con un esperimento che sarebbe improponibile in Cina o in Iran ma che in Italia, e specie nel Nord-Est dell’Italia - che frigge in una situazione esplosiva - potrebbe risultare particolarmente benefico come valvola di espressione delle energie creative latenti.

Andrebbe diffuso un sistema di tavole rotonde condotte da cittadini attenti ai problemi, al di sopra e al di fuori delle angolazioni partitiche o settarie e ancora capaci di utilizzare gli strumenti di pensiero autonomo. Per attuare l’esperimento si potrebbe utilizzare uno schema di questo tipo, meglio se al di fuori delle istituzioni, sempre condizionanti.

  1. Partire da un piccolo gruppo promotore.
  2. Individuare e precisare un singolo tema di dibattito
  3. Convocare un certo numero di partecipanti
  4. Esporre il tema
  5. Selezionare un piccolo gruppo di persone competenti (5-7 partecipanti) per un pubblico scambio d’idee
  6. Disporre tale gruppo al centro di una saletta di incontri, mentre gli altri assistono svolgendo un’importante azione di controllo sulla correttezza del dibattito e di assimilazione di dati concreti sul tema in esame
  7. Procedere al dibattito fino ad esaurimento del tema, seguendo strettamente alcune regole di base: parlare in successione, uno alla volta, per un tempo contenuto, con concetti strettamente legati all’argomento, per evitare polemiche e inutili perdite di tempo
  8. Esaurito il tema passare alla fase d’acquisizione dei commenti e pareri del gruppo degli ascoltatori, raccogliendo attentamente ogni pensiero valido
  9. Procedere alla stesura di un rapporto scritto, con le deduzioni tratte dal dibattito, da inviare ad un referente politico intelligente, aperto e non settari
  10. Moltiplicare per 10,100,1000 … il metodo, fino a renderlo costume abituale.

La procedura è molto educativa, prima di tutto a livello soggettivo, perché implica un processo di individuazione e poi, di riflesso, a livello collettivo, perché soggetti maturi e consapevoli danno origine a una società solida e ben strutturata. Il metodo potrebbe apparire laborioso ma senza un buon lavoro di analisi prima e di sintesi poi non si possono risolvere situazioni complesse che coinvolgono ormai una totalità di cittadini esasperati, smarriti e privi di solidi punti esterni di riferimento. Ormai religione, giustizia, famiglia, istituzioni e ideali politici sono in crisi - e non potrebbero non esserlo essendo, nella attuale configurazione, il prodotto imposto da millenni dal potere per le finalità così ben formulate da Hitler.

E’ puro infantilismo aspettare un aiuto esterno dal potere che è stato la causa prima del nostro condizionamento. Dobbiamo puntare sulle potenzialità più profonde presenti in ogni individuo; l’intelligenza umana potrebbe esaminare e discriminare con occhio disincantato la farragine di ideologie, concetti e tradizioni da cui siamo sommersi, ovviamente cominciando da quello che ci è più vicino, ad esempio dal mare di leggi, leggine e regolamenti burocratici che affliggono la nostra vita.

In tal modo si potrebbe comprendere gradualmente l’intrecciata matassa di problemi in cui siamo avvolti e dipanarla, dopodiché si arriverebbe a stabilire un dialogo intelligente tra governati e governanti, con assoluto rispetto dei reciproci ruoli, arrivando ad una reale democrazia e superando la pericolosa bipolarità che vede da una parte il potere e dall’altra masse istupidite da gestire.

Guido Sgaravatti E mail: guisga@iol.it Agosto 1999

 

 

PS. La politica è stata definita :

"L’arte di impedire alla gente di occuparsi dei problemi che la riguardano".

 

 

 

 

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