solstizio d'inverno

Quando mi è stato chiesto se avevo dei lavori riguardanti il solstizio d'inverno non ho potuto fare a meno di pensare ai Kolam, un'antica forma d'arte rituale che, soprattutto in quel periodo dell'anno, si pratica tuttora in Sud India.

I performer, solitamente donne comuni, semplicemente tracciano punti e linee per comporre disegni a terra, davanti alle soglie delle case, spargendo della farina di riso con le dita.
La cosa importante è l'atto del farli, perché gli effimeri disegni non durano nel tempo, visto che la gente alla fine li calpesterà senza riguardo.

Mi sono imbattuto nei Kolam mentre viaggiavo da quelle parti diversi anni fa e il fascino esercitato allora su di me si è via via trasformato in oggetto di studio che però finora non aveva avuto esiti nella produzione di un'opera originale, infatti la mera riproduzione grafica o pittorica dei disegni, fuori dal loro ambito culturale, di per sé non mi aveva mai convinto.

La circostanza, scoperta a posteriori, che le date riportate sul mio taccuino di viaggio nei giorni in cui scoprii i Kolam corrispondessero con quelle della mostra, ma a trenta anni esatti di distanza, mi è sembrata la conferma che fosse arrivato il momento di presentare questa mia lunga ricerca.

Usando il materiale e la gestualità tradizionali ho replicato l'azione creativa fino ad ottenere un Kolam in tutto e per tutto simile agli originali, ma per mantenerne una traccia prima della dissoluzione sono ricorso ai materiali e tecniche primordiali della fotografia.

Infatti i lavori, invece che a terra, vengono eseguiti su carta salata, ovvero carta resa fotosensibile con sali d'argento, allo stesso modo di Fox Talbot per i suoi primi esperimenti fotografici. Esposti i Kolam all'azione della luce ultravioletta, la farina depositata viene eliminata e la stampa fotografica trattata con bagni di lavaggio e fissaggio.

In questo modo ottengo tecnicamente un fotogramma, cioé una memoria in negativo dei disegni ormai svaniti: la traccia dell'assenza.